Copertina Film "Mad Max: Fury Road"

La violenza, la velocità, la furia e l’azione che nel cinema più commerciale sono sinonimo di vitalità e gioia di vivere, nel quarto capitolo della saga dell’antieroe della strada diventano sinonimi di morte e disperazione. George Miller dilata per tutte le 2 ore di durata l’esaltazione, fino a farla diventare disperazione e desolazione. La forza visiva è usata non per affermare una gioia quanto per disperarsi della perdita. Come il deserto che attraversano i personaggi anche la desolazione del film è battuta da un sole ed un’intensità che di solito si associa alla vita. Mad Max: Fury Road racconta un lungo inseguimento, talmente compresso da fuoriuscire tutto insieme come gas da una bombola, in una trama tanto semplice quanto potente grazie al continuo ricorrere a simbologie proposte con efficacia. In questo film dalla tecnica sopraffina il montaggio e la fotografia la fanno da padrone. Vi è un uso esasperato di stunt e coreografie al fine di lasciare meno spazio possibile ad una computer grafica ormai diventata invadente nei blockbuster moderni. Furiosa e non Max è il vero motore del film, una donna e non un uomo, dal carattere granitico e carismatico interpretata magnificamente da Charlize Theron. Escluso Max (Tom Hardy che prende il posto di Mel Gibson) tutto il mondo maschile diventa il nemico. Miller pone l’universo femminile a custode di vita e centro di virtù, in contrasto con la violenza del mondo maschile. Il mondo disperato di Mad Max in cui la Terra è morta sia naturalmente che intimamente è vivo perché il senso della vita è azzerato non solo a parole, ma con il montaggio, il racconto, le scelte di trama e gli sguardi.